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LE FAKE NEWS SONO UN PROBLEMA REALE PER LA DEMOCRAZIA

 

Intervista a Giuseppe Moles, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri

a cura di Allegra Pagella e Salvatore Cafà

 

Più di una volta Lei ha parlato di sostegni all’editoria per superare la crisi che sta colpendo questo settore. Crede che questi sostegni siano lo strumento vincente anche per ricostruire quella fiducia nel sistema dell’informazione che, con l’avvento del digitale e delle fake news, si sta assottigliando sempre di più?

Ho ritenuto fondamentale sostenere soprattutto in questi ultimi mesi il mondo dell’editoria, tant’è che, con il pieno supporto di tutto il Governo, abbiamo destinato al settore una quantità ingente di risorse e lo abbiamo fatto attraverso una serie di interventi iniziali, per poi proseguire attraverso le misure contenute nel decreto Sostegni bis (stanziando circa 320 milioni di euro), ed infine con l’ultima Manovra di bilancio con 120 milioni per il credito d’imposta sulla carta e, soprattutto, con la creazione di un Fondo Straordinario per l’editoria che ammonta a 90 milioni per il 2022 e 140 per il 2023; questo fondo è una novità assoluta, che testimonia la volontà dell’Esecutivo di tornare ad investire su questo comparto e che servirà per rispondere alle esigenze e alle necessità del mondo editoriale.

In più, le imprese editoriali potranno accedere anche agli strumenti inseriti nel capitolo del PNRR dedicato alla digitalizzazione, che ho fortemente voluto venisse previsto, e potranno beneficiare, grazie alla norma sul copyright, parte rilevante di mia esclusiva competenza, di nuove risorse derivanti dal riconoscimento del giusto ed equo compenso da parte dei giganti del web; ritengo che l’innovativa formulazione normativa che abbiamo introdotto sul copyright, assieme alle regole Agcom e alla negoziazione, faranno bene al sistema dell’editoria, che avrà nuove disponibilità per potersi sostenere e rilanciare, ma anche alle stesse piattaforme; questa lunga premessa era necessaria perché rende perfettamente l’idea del fatto che non solo stiamo sostenendo il mondo editoriale nel presente, ma vogliamo investire sul suo futuro.

 

 

Il digitale non è un nemico, ma uno strumento che può e deve essere integrato con i media tradizionali anche come supporto per combattere le fake news. Spesso però sul digitale si ha la percezione che le notizie trasmesse puntino più sul raggiungere la visibilità e maggiori click, piuttosto che sulla qualità dell’informazione stessa con il rischio cuna vera informazione venga percepita come fake a causa della bassa qualità. Risulta così fondamentale una maggiore conoscenza di questi strumenti da parte di chi scrive. Tra i vari sostegni sono previsti anche più fondi per una maggiore educazione digitale e una sensibilizzazione all’uso corretto di internet?

 

Lo ripeto da sempre: il digitale non è un nemico, può e deve essere una opportunità; il digitale non è il male assoluto, è invece uno strumento, ed è dunque l’uso di questo strumento che può comportare conseguenze positive o negative; quindi il digitale, se ben utilizzato, può aprire un ventaglio di possibilità per tutti. Dobbiamo fare in modo che la normativa accompagni l’evoluzione dell’intero settore senza ingabbiarlo, ma garantendo sempre e comunque la libertà di espressione da una parte ed il diritto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale dall’altra; ovviamente, per rispetto di chi fa informazione, do per certo che il professionista conosca le dinamiche del digitale e riesca a fare buona sintesi tra la necessità che la sua notizia venga visualizzata e la correttezza dell’informazione.

Siamo tutti consapevoli che una informazione seria, accurata e di qualità sia un diritto dei cittadini e sia fondamentale per combattere e contrastare le fake news che generano confusione e conseguenze molto gravi, come abbiamo potuto vedere durante la pandemia; chi fa informazione, svolgendo il proprio ruolo in maniera seria, fornendo notizie certificate, verificando le fonti, rappresenta il migliore antidoto contro le fake news.

Il mio dipartimento aveva in passato già istituito una Commissione sulla disinformazione, ma dato che è un tema a cui tengo molto, ho intenzione di far ripartire questo comitato; in più sto valutando anche la possibilità di una campagna di sensibilizzazione per un utilizzo corretto e consapevole di tutti i nuovi strumenti digitali; il nostro compito deve essere quello di
lavorare a quella che potremmo chiamare una “educazione digitale” di tutti i cittadini; lo sviluppo tecnologico, però, è spesso più veloce di qualsiasi norma, e quindi io continuo a ritenere che per arginare il fenomeno delle fake news occorra soprattutto tanta responsabilità e professionalità di tutti gli addetti ai lavori.

 

 

La disinformazione e le fake news che circolano sui social media possono influire anche sul funzionamento della democrazia, rappresentando maggiori difficoltà per le persone e lo sviluppo di opinioni giuste e corrette. Tra le proposte avanzate, c’è quella di un confronto tra gli esperti del settore. Questo confronto non si potrebbe aprire anche al pubblico per capire da più vicino cosa e quali informazioni il pubblico ha bisogno per sviluppare un corretto pensiero critico? Non si potrebbe rendere questo confronto più inclusivo e partecipativo, che porti maggiori spunti al di là della necessità di informazioni veritiere?

 

Ogni apporto, ogni idea, ogni punto di vista, ogni proposta che contribuisca ed arricchisca il dibattito è, a mio modo di vedere, preziosa. Il Tavolo informale sulle fake news che ho in mente dovrà coinvolgere il maggior numero possibile di soggetti e sarà quanto più inclusivo possibile: il problema è comune a tutti ed è opportuno ricercare insieme le soluzioni migliori; solo il coinvolgimento del mondo reale da parte delle Istituzioni può accorciare le distanze tra la norma e le esigenze ed i problemi reali.

 

 

Nelle sue interviste ha definito le fake news come “notizie ostili”. Tramite la loro diffusione, queste hanno
contribuito ad accentuare la crisi del settore dell’informazione. Al netto dei provvedimenti già attuati, cosa manca ancora per proteggere adeguatamente la categoria dei professionisti dell’informazione?

 

Le fake news sono pericolose perché seminano confusione nel cittadino che ha il diritto di essere informato in maniera corretta per prendere le sue decisioni, per orientarsi nella vita, e anche per decidere ad esempio chi e per cosa votare; ecco perché credo che le notizie false siano un problema grave e reale non solo per il singolo ma per la democrazia e per il sistema Paese, tanto da averle definite appunto “ostili”; i professionisti dell’informazione non vanno protetti ma difesi, tutelati e sostenuti, perché
solo una buona e corretta informazione certificata può restituire all’intero settore quella autorevolezza e credibilità messe in discussione dalla disinformazione.

 

 

La circolazione delle fake news è aumentata esponenzialmente con la diffusione dei social media. I gestori delle piattaforme stesse si sono adoperati per cercare di arginare la loro diffusione. Twitter, per esempio, ricorre alla censura e alla chiusura dell’account; Facebook suggerendo pagine che permettano agli utenti di accedere più facilmente agli articoli  dei fact- checker. A suo parere, quale di questi due approcci è più efficace nel combattere  il fenomeno?

 

Vorrei una rete più trasparente, inclusiva, pluralista e democratica, in cui siano chiari i responsabili delle informazioni, in cui ci sia tutela dell’identità digitale delle persone, in cui sia certa la paternità dei dati, in cui ci sia la possibilità di rettificare con
immediatezza le notizie; da liberale nutro una sana ritrosia nei confronti della parola “censura” e non giudico alcune scelte dei gestori, anche se mi sembra un buon segnale il fatto che pongano attenzione al fenomeno ed assumano decisioni per combattere
la circolazione delle fake news; la scelta di Facebook può essere quindi condivisibile, come anche un altro importante diffondersi della disinformazione è stato la collaborazione che abbiamo attuato, nell’ambito delle nostre campagne di sensibilizzazione, con Google grazie alla quale nelle ricerche web i cittadini sono stati agevolati nel raggiungere le pagine ufficiali del sito governo.it contenenti dati e informazioni ufficiali sui temi del contrasto alla pandemia e in particolare della campagna vaccinale, tant’è che da settembre 2021 l’indicizzazione delle ricerche su Google ha portato a circa 5 milioni di impressions con 800.000
persone “atterrate” sulla pagina di riferimento.

Strumento di contrasto al diffondersi della disinformazione è stato la collaborazione che abbiamo attuato, nell’ambito delle nostre campagne di sensibilizzazione, con Google grazie alla quale nelle ricerche web i cittadini sono stati agevolati nel raggiungere le pagine ufficiali del sito governo.it contenenti dati e informazioni ufficiali sui temi del contrasto alla pandemia e in particolare della campagna vaccinale, tant’è che da settembre 2021 l’indicizzazione delle ricerche su Google ha portato a circa 5 milioni di impressions con 800.000 persone “atterrate” sulla pagina di riferimento.

 

 

L’Italia, secondo le statistiche, è il paese europeo con il più alto numero di analfabeti funzionali. A questo, si aggiunge anche un’alta percentuale di analfabetismo digitale. Migliorare questi due indicatori potrebbe avere un impatto dirompente sul contrasto alle fake news nel nostro Paese. Quali misure si stanno prendendo in questo senso?

Recentemente una notizia mi ha molto colpito: una ricerca condotta dalla Stanford University ha mostrato come una percentuale allarmante di liceali americani sia incapace di distinguere tra notizie vere e fake news su Internet; è emerso che il 96% degli studenti a cui è stato chiesto di verificare se una determinata pagina web, sui cambiamenti climatici, fosse imparziale, non è riuscito a scoprire che il sito faceva capo a un’organizzazione legata all’industria dei combustibili fossili; gli stessi ricercatori sostengono che gli adolescenti siano così impreparati e indifesi di fronte alle fake news che sarebbe come metterli al volante di un’auto senza prima avergli spiegato che ci si debba fermare con il rosso. Quindi ridimensionare il numero di analfabeti, siano essi funzionali che digitali, è un tema importantissimo che richiede il coordinamento tra una serie di soggetti ed Istituzioni, in primis la scuola ma ovviamente non solo essa; lo ripeto, è un tema che mi appassiona e che analizzeremo proprio attraverso i vari tavoli informali che creeremo come Dipartimento.

 

 

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